venerdì 8 agosto 2014

Senato, primo sì alla riforma con 183 voti. M5S, Sel e Lega abbandonano l'aula

Il Senato ha approvato in prima lettura il ddl di riforma della Costituzione con 183 voti a favore, nessun contrario e 4 astenuti. Le opposizioni non hanno partecipato al voto, alcuni come Lega e Gal lasciando l'aula, mentre diversi senatori (anche dissidenti rispetto ai propri gruppi) sono rimasti ma astenendosi dal voto. Il ddl passa ora all'esame della Camera, per la seconda delle quattro letture costituzionalmente prescritte.
«Ci vorrà tempo, sarà difficile, ci saranno intoppi. Ma nessuno potrà più fermare il cambiamento iniziato oggi #italiariparte #lavoltabuona». Lo scrive il premier Matteo Renzi a pochi muniti dall'approvazione dell ddl sulle riforme al Senato.

 Mentre il capigruppo di Fi Paolo Romani teneva la sua dichiarazione di voto sulle riforme, tutti i senatori di M5S hanno lasciato l'Aula del Senato attraversandola platealmente in fila indiana dietro al loro capogruppo Petrocelli. Alcuni di loro hanno fatto il segno di Vittoria con indice e medio della mano a favore dei fotografi in tribuna.  Il Pd «Il nostro sistema pubblico ha bisogno di riforme finalmente realizzate, non solo immaginate». Così il capogruppo Pd Luigi Zanda, nel dichiarare: «I senatori del Pd voteranno a favore della riforma» costituzionale. «Dispiace» che i senatori M5S siano «usciti dall'Aula: questo atteggiamento non corrisponde alla mia idea di Parlamento», afferma. il capogruppo Pd al Senato. Il ddl Boschi, osserva Zanda, «sarà approvato da un consenso più largo della maggioranza di governo. Così deve essere perchè le regole del gioco non si modificano senza interpellare tutti».  I dissidenti Pd «Non partecipo al voto perchè non intendo condividere, almeno in questa prima lettura, una riforma costituzionale che ritengo sbagliata per quattro ragioni principali. La prima ragione è costituita dai tempi. La priorità del governo avrebbe dovuto essere l'economia. La notizia di questi giorni non è il Senato che approva questa legge ma l'Italia in recessione». Lo scrive oggi sul suo blog Massimo Mucchetti, parlando del percorso delle riforme costituzionali che si conclude oggi in prima lettura a palazzo Madama.  Sel non vota «Abbiamo deciso, insieme a tutte le altre opposizioni, di astenerci dal voto finale sulla riforma della Costituzione, invece di limitarci al voto contrario, per segnalare che questa riforma è stata imposta con la forza muscolare e con ottusa brutalità dal governo e da una metà del Senato». Lo afferma la presidente del gruppo Misto-Sel Loredana De Petris. «Governo e maggioranza - prosegue la presidente De Petris - hanno deciso di procedere seguendo una logica diametralmente opposta a quella che si deve adoperare quando si tratta di riformare la Carta fondamentale della Repubblica, dunque di regole che devono valere non per oggi e per qualcuno ma per decenni e per tutti. Proprio per questo sarebbe imperativo cercare l'accordo più vasto possibile e ascoltare tutti. Il governo ha invece deciso di procedere per la sua strada, ignorando e insultando le opposizioni, facendo valere solo la legge del più forte».  Ncd «Oggi si apre davanti a noi una scommessa di mille giorni, alla quale siamo chiamati a partecipare con attitudine costituente. Abbiamo cominciato cambiando noi stessi, dovremo concludere il cammino cambiando l'Italia». Così Gaetano Quagliariello (Ncd) nella dichiarazione di voto sul ddl riforme al Senato. «Abbiamo davanti a noi una grande occasione e la consapevolezza che difficilmente ve ne sarà un'altra. Per questo il Nuovo Centrodestra dirà sì a questa riforma».  La Lega «Non possiamo condividere questa esperienza fallimentare - ha spiegato Centinaio - La pochezza dei risultati, gli atteggiamenti, il percorso fin qui svolto ci hanno spinto a considerare che non meritate nemmeno il nostro voto. Non possiamo essere complici di chi sta affossando questo Paese». Il senatore leghista ha attaccato duramente il premier Matteo Renzi («rampante e all'apparenza riformista») ma ha puntato il dito anche contro il presidente del Senato Pietro Grasso per la gestione dell'Aula durante il dibattito sul ddl. «E ci aspettavamo anche dal presidente della Repubblica un altro comportamento», ha aggiunto. 

Nessun commento:

Posta un commento